Se ne è andato Giancarlo Lodigiani, uno dei grandi signori della vela

(dal Giornale della Vela del 1 marzo 2024)

Giancarlo Lodigiani felice a prua di Voscià (Foto di Paolo Amodei)

Se ne è andato prematuramente uno degli ultimi signori della vela italiana, Giancarlo Lodigiani, 62 anni. Riservato, ma energico, ha speso la sua vita per promuovere l’essenza della vela, quella della passione pura. Nella sua carriera di velista, da presidente AIVE (Associazione Italiana Vele d’Epoca), ha espresso il meglio di sé stesso con equilibrio e la ricerca di far uscire dal ghetto le splendide barche d’epoca aprendole a ogni appassionato. Lo dimostra la “rivoluzione” del circuito di regate AIVE che erano una volta erano riservate solo alle barche in legno e dall’anno scorso ospitano anche le barche Classic Boat IOR. 

La sua vita velica è un vero manuale di passione e di splendide barche. La ricordiamo attraverso la sua storia raccolta dalla sorella Francesca, pubblicata nel dicembre 2022.

Giancarlo Lodigiani, la vela nel sangue

Curiosa esperienza intervistare il proprio fratello. Oltretutto di sette anni più giovane. Per certi versi simile, per altri diverso. In comune una grande passione: il mare vissuto a vela.

Nato a Milano da genitori genovesi, 61 anni, segno zodiacale Toro, mio fratello Giancarlo (che a seconda delle ere geologiche e delle latitudini è noto anche come Giampi, Gianca o Gianchi…..) è sposato con Georgia da più di 30 anni e ha 2 glie. Subito dopo la laurea in Economia e Commercio, conquistata col massimo dei voti e il valore aggiunto di far la tesi con Federico Ca è (famoso economista keynesiano, ndr), ha trascorso un lungo periodo a Londra nella City dove sono nate Irene e  Giulia, spesso suo equipaggio.

Immagine di Voscià tratta dal video Amaremare realizzato all’Argentario da Dolcenera per Greenpeace (più di 5 milioni di visualizzazioni su YouTube

Giancarlo vive a Roma – è CFO di un gruppo alberghiero- ma appena può va a vedere come sta Voscià, l’amata yawl Sparkman & Stephens varata da Sangermani nel 1959, comprata e restaurata nel 2006 il cui re-incontro è un bel gioco di destino e coincidenze. Ma ci ritorneremo.

La tua prima barca?

Un Sun sh. Avevo 9 anni e fu un regalo di mia madre che si sentiva un po’ in colpa per avermi “abbandonato” per un mese in un Kinderheim in Germania a consolidare il tedesco, visto che andavo alla scuola tedesca.

Giancarlo Lodigiani a bordo del Sun sh Pippo, la sua prima barca.

Con  lui  ho  scorrazzato  in  lungo  e  in  largo  nel  Golfo  del  Tigullio dotato di spugna, pagaia e cappello. A volte un pezzo di focaccia. Però è stato solo arrivando all’Argentario, a Porto Ercole, a 12 anni che ho “scoperto” veramente il vento….Belle termiche e sciroccate di settembre, mai più usata la pagaia.

La scuola vela allo Yacht Club Italiano?

A 14 anni. Abitavamo ancora a Genova e mi hanno iscritto alla scuola vela dello Yacht. Primo anno Eau Vive (era già tramontato il tempo del mitico Squalo ndr) poi FJ e

420. Mi ricordo ancora come istruttore Nico Reggio che ci spiegava il regolamento. Indimenticabili le prime cene rigorosamente in giacca e cravatta e anche alcune compagne di corso molto carine.

Le prime regate in deriva?

Allo YCI al timone prima in FJ poi in squadra agonistica con il 420, ma confesso che era quasi più per divertirsi che per vincere. Il mio prodiere, Chicco Lagorio, ed io eravamo entrambi piuttosto miopi e le boe a volte erano un vero rebus da individuare.

Giancarlo Lodigiani e il mare?

A me piace il mare in tutte le sue forme: sopra, sotto, a guardarlo. Vado in apnea da piccolissimo, con le bombole dai 18 anni, windsurf, sci nautico, tu , qualsiasi cosa. Uno dei ricordi più antichi è a Santa Margherita, davanti a casa, scappato alla signorina e ho corso lungo il pontile per saltare su una lancetta e fuggire a remi nel porto. Peccato  che  abbia  sbagliato  la  mira  e  sia finito in acqua. Avevo probabilmente 4/5 anni, non sapevo ancora nuotare, e sono andato giù come un sasso.

La famosa lancetta degli ormeggiatori davanti a casa al mare a Santa Margherita oggetto di abituale sottrazione…

Poi ho aperto gli occhi, ho visto una cima, l’ho agguantata e mi sono tirato a galla: quando sono riemerso, gli strilli della signorina e un marinaio che stava svestendosi per venirmi a recuperare. Io però ero tranquillo, non ho avuto paura e da quel momento mi son portato dentro la sensazione che il mare mi sia amico. Un amico che rispetto perché ne conosco la furia quando è di cattivo umore. E sono felice di aver trasmesso questa passione alle figlie.

Che tipo di velista ti consideri?

Contrariamente a te, costantemente alle prese in feroci regate sulle boe in Dinghy, di legno o di plastica che sia, la mia vera passione è andare per mare. Qualche regata mi diverte farla, ma la mia passione è navigare, passare il tempo in mare, galleggiare  insomma.

Giancarlo Lodigiani a 11 anni prodiere sul 470 di Francesca, 18enne

Giancarlo Lodigiani Istruttore di vela e windsurf?

Ho iniziato a farlo verso i 14 anni al CNVA (Circolo Nautico e della Vela Argentario, ndr) nella scuola per i gli dei soci, istruiti a loro volta da giovani soci. Poi durante l’università – nel frattempo da Genova ci eravamo trasferiti a Roma – tra un esame e l’altro ho fatto l’istruttore di vela e windsurf nei Villaggi Vacanze.  In Sardegna e alle Maldive.

L’era dei Soling?

Fabrizio Serena, uno dei fondatori del CNVA, era un appassionato regatante anche in Soling e mi ha arruolato come prodiere. Sono stati degli anni entusiasmanti a far regate in giro per tutta Italia.

L’epoca del Soling: dasinistra Fabrizio Serena di Lapigio,Giancarlo Lodigiani e Vittorio Bragadin.

Un’esperienza nell’esperienza: sfrecciare velocissimi con una tonnellata di Soling sul carrello. Inutile dire che l’altra passione di Fabrizio, all’epoca presidente CSAI, erano le corse automobilistiche.

Attaboy?

L’amata Attaboy! (sospiro) S&S di 27 piedi, la barca che avevi a Porto Ercole in società con Roberto. Vi lamentavate sempre che le batterie erano scariche, l’acqua dei serbatoi puzzava….A quel punto la proposta: vi faccio io da marinaio.

Se posso usare la barca vi garantisco che la troverete sempre a posto, pronta per prendere il largo. Avevo già la patente nautica, ero all’università, ogni weekend ero all’Argentario dove avevamo casa, e mi sono occupato di Attaboy con grande piacere.

Georgia, la moglie di Giancarlo, assicurata alla draglia in una navigazione impegnativa su Attaboy

Ho trascinato diverse danzatine per mare, in tutte le stagioni, molte non sono tornate. Georgia invece si, ha sempre navigato volentieri. Quando ero militare ci abbiamo passato tutta la mia licenza: tre settimane felici. Da allora non ci siamo più lasciati. “Quella Santa donna che ti sopporta”, come diceva Papà.

 

Accademia, Ufficio Benessere e Morosini?

Sono un U ciale di Marina di complemento, un “baule” come ci de niscono gli u ciali di Marina di carriera. Ho un bel ricordo dell’Accademia, anche se ho fatto molti giri di piazzale e di barra sul brigantino. Dopo l’Accademia l’Ufficio Benessere dello Stato Maggiore al Ministero a Roma. La parte più divertente però sono state le ultime settimane del servizio militare. Mi arriva infatti una chiamata del Comandante Di Giovanni: “Giancarlo,  ti  piace  Venezia?”  Certo  che  si!  E Mario mi manda al Morosini  a Venezia dove ogni  anno a giugno si  tenevano  i  corsi  di  vela per  i  ragazzini.

Un’esperienza che ricordo veramente con grande piacere.

Londra e il Laser regalo di nozze di Georgia?

Ero a Londra, Giulietto, un caro amico arriva da Roma col Laser sul  tetto della macchina e mi chiede di ospitare il suo Laser.. Come no, mi fa piacere vedere una barchetta in giardino! Poi lui e Paolo, PO di Star, iniziano a fare regatine al Queen Mother Reservoir, uno dei laghetti  artificiali vicino all’aeroporto Heathrow. E’ così  che Georgia  ha  deciso di

regalarmi un Laser come dono di nozze. Chiudevo gli occhi e mi immaginavo di navigare con un bel maestrale in Feniglia. Mi ha aiutato a sopportare il clima di Londra, anche se l’acqua non era salata…

 

Londra e l’esperienza week end con marea?

Ah, il mio naufragio, una bu a storia….Il mio capo, Sam van Holte, aveva un magni co Sweden Yacht 38, con cui aveva fatto il giro del mondo. Un’estate invita il mio braccio destro Andrea, che era velista, Stefano, altro collaboratore, un milanese mai uscito in barca prima, e me per un weekend in barca sulla Manica.

        Lo Sweden 38 e l’incontro… troppo ravvicinato con le maree della Manica.

Quando ci siamo incontrati a Londra Sam continua a dire che dobbiamo sbrigarci per via della marea, è agitato e ansioso e noi francamente non capiamo la sua agitazione.

Quando finalmente usciamo dalla chiusa del porto, che é in cima a un fiordo, dobbiamo seguire un percorso tra le mede per navigare nel canale navigabile con l’acqua che defluisce. Sto tirando su la randa quando sento un urlo di Sam. Non so nulla di maree e non mi rendo bene conto: in quella zona sono anche di 4 metri….a farla breve, Sam ha lasciato una meda sul lato sbagliato, ci incagliamo, la marea defluisce  e ci troviamo con la barca sdraiata su un’ isola che prima non c’era, mentre le altre barche ci s lano accanto salutandoci….

Abbiamo dovuto passare tutta la giornata aspettando che la marea tornasse.

Approfittando del fornello basculante, per tenere alto il morale, ho fatto una pasta al sugo che è stata molto appezzata! Alle 10 di sera galleggiavamo di nuovo, molto molto sollevati.

Astarte II?

Tornato in Italia a Roma, la priorità è stata comprare una barca e riprendere a navigare. Ho fatto vedere a Georgia un Grand Soleil 39 e un bellissimo One Tonner S&S costruito da Gallinari nel 68. Georgia è rimasta entusiasta del One Tonner: “Se vuoi che le figlie e io veniamo in barca, compra quella bella, di legno”.

Astarte II (fonte https://nautipedia.it/)

Purtroppo la cosa non è andata, ma alla ne ho trovato un altro One Tonner: Astarte  II, progetto Sciarrelli costruito da Craglietto a Monfalcone, ben nota per le tante regate in Adriatico. Lo abbiamo visto a Viareggio dopo una regata e sotto un grande acquazzone: tutto bagnato dentro, vele alla rinfusa, armatore trepidante che temeva che non ci sarebbe piaciuta. Invece noi ci siamo innamorati, stretta di mano e il 31 Marzo 2001 era nostra.

Le figlie, nate nel ’93 e ’95, ci sono cresciute sopra. Tutti i weekend eravamo tra Giglio e Giannutri, poi le crociere in Corsica e all’Elba. Ce  la  siamo  proprio  goduta. Da subito ho partecipato all’Argentario Sailing Week dove il primo anno abbiamo avuto un danno in coperta, con Georgia che minacciava pesanti ritorsioni se il cantiere non avesse rimediato in tempo per la crociera…..

Voscià?

Le figlie crescevano e Astarte II era diventata piccola nel senso che non stavano più nelle loro cuccette. È a quel punto che Luca, amico armatore di Ella, mi segnala una barca che secondo lui avrebbe fatto al caso nostro: Voscià. Vado a vederla a Portofino dove è in secca in  banchina sotto al  Pitosforo. Un colpo di  fulmine!

Irene e Giulia Lodigiani a bordo del Voscià

Parlo con il maestro d’ascia Mino che mi mette in contatto con l’armatore, che dopo 32 anni ha deciso di venderla. Viene  fuori che  Voscià  prima  si  chiamava  Givare. Non posso crederci: era del  marito di  un’amica di   mia madre, il Comandante de La Penne (non voleva lo si chiamasse Ammiraglio, lui era il Comandante.) e io ci ero stato a bordo da piccolo.

Così Francesca: “Gigi Durand de La Penne, mio fratello Giancarlo e nostro papà a Porto no”.

I lavori da fare sono molti, la barca è andata parecchio giù. Ci penso sopra.

Voscià durante l’Argentario Sailing Week dello Yacht Club Santo Stefano. In una edizione vince il Panerai (foto James Robinson Taylor)

Alla fine però se  uno non  prova  a  realizzare i  sogni  questi da soli  non  lo fanno. Decido di imbarcarmi  nell’avventura:

incontro  l’armatore,  parliamo di prezzo  e ci stringiamo la mano ad aprile, per una consegna della barca dopo

l’estate.

Il  restauro  inizia  a ottobre  2006, la barca viene varata a giugno 2007, e naturalmente iniziamo a navigarci.

Voscià in navigazione nel Golfo di Napoli

Il primo commento di Georgia quando la vede da terra è : “Ma  è chiattona!”. Si, la differenza tra un One Tonner slanciato e una yawl dalle forme morbide è evidente, ma è anche quello che rende Voscià una barca molto speciale: linee d’acqua sinuose e grande comodità dentro. Che risate si  è fatto  Piero Ottone quando ha sentito  il  commento di Georgia…

Francesca Lodigiani

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